Gianni Pittella traccia la sua idea di Stati Uniti d’Europa
Dopo un mesetto di silenzio dettato dalla vacanze, sono davvero felicissimo di ricominciare la mia attività di redattore presso la seguente testata, con la recensione dello splendido saggio, che ho letto e studiato sul futuro dell’Unione Europea, scritto ottimamente da Gianni Pittella ed Elido Fazi.
Prima di iniziare la recensione mi sembra giusto concentrare l’attenzione dei miei cari venticinque lettori sulla figura di Gianni Pittella. Questo cinquantaquattrenne, figlio di un glorioso senatore socialista, è uno dei pochi che cerca di far conoscere all’opinione pubblica le vere cause della crisi mondiale ed europea. Inoltre, mi sembra giusto ricordare che Gianni Pittella (nonostante sia a malapena citato volutamente dall’opinione pubblica) è vicepresidente del Parlamento Europeo e candidato alla segreteria del Partito Democratico.
Il libro decide giustamente di far iniziare la storia degli Stati Uniti d’Europa (ma siamo proprio sicuri che tutti i ventisette stati dell’Unione sarebbero disposti a perdere la loro indipendenza per creare uno stato federale?) dal trattato di Bretton Woods del 1944 che generò il fondo monetario internazionale ed elevò a sistema economico internazionale l’intercambiabilità Dollaro-oro. Infatti, per la prima volta, le principali potenze mondiali decisero di dare una parvenza di unità economica al mondo. Non è però su questo che deve concentrarsi la nostra attenzione, bensì sulla storia dell’Unione Europea a partire dal suo atto di fondazione, il Trattato di Maastricht. Che la stragrande maggioranza degli Stati europei abbia sbagliato riguardo ad una sua approvazione così frettolosa (la leggerezza con cui fu approvato in Italia getta molti dubbi sulla visione economica e finanziaria della nostra classe politica) sia la causa di alcuni problemi che affliggono il nostro continente, cioè quello che in un roseo futuro dovrebbe essere il nostro stato, è evidente.
Ritengo che uno dei capitoli più interessanti del saggio di Gianni Pittella ed Elido Fazi sia quello riguardante l’uscita dall’Unione da parte della Gran Bretagna. Infatti, i britannici continuano a prevedere il fallimento dell’Euro con discorsi che tutte le persone che conoscono la politica dovrebbero giudicare infondate e non degne di attenzione, perché gli inglesi vogliono spadroneggiare in Europa dimenticandosi che da quando hanno deciso di farne parte non fanno che considerare l’Unione carta straccia rispetto al “glorioso” Commenwealth. Inoltre, come giustamente spiegato dagli autori, il Commenwealth riesce a rimanere in linea di galleggiamento non grazie alla speculativa economia inglese, sempre più ancorata ai flussi finanziari della City londinese, ma grazie alle non ancora martoriate economie di Australia e Nuova Zelanda e ai numerosi paradisi fiscali protetti dal Regno Unito, che così obbliga l’Unione Europea a non poter mettere in atto norme più restrittive contro gli investimenti in questi paesi. Bisogna tuttavia considerare, miei cari lettori, che la Gran Bretagna ha subito dall’area Euro una dolorosa batosta. Infatti, i paesi dell’Unione Europea hanno firmato il patto transatlantico di circolazione delle merci che prevede l’abbassamento dei dazi per il commercio con gli Stati Uniti d’America. Per paesi come l’Italia questo accordo è stato importantissimo perché ha permesso alla nostra industria alimentare di non andare in crisi profonda. La Gran Bretagna ha ottenuto invece vantaggi nulli da questo accordo.
Un altro capitolo che ho trovato davvero interessante è stato l’ultimo, vero specchio della reale situazione economica dell’Unione Europea. Infatti, gli autori fanno capire al lettore come gli speculatori mettono in crisi economie fragili come quella spagnola o italiana, ma anche economie che sembravano inattaccabili come quella americana. Infatti, oggi giorno basta un attimo per spostare miliardi di euro alle Cayman, mentre la democrazia ha bisogno di mesi se non di anni per contrastare una crisi. Questo capitolo dovrebbe far capire a tutte le forze politiche che vogliono anticipare i tempi del voto che andando a votare a ripetizione o facendo guerre inutili non si rafforza l’economia. Infatti, come spiegato dagli autori, l’Euro è comunque riuscito ad imporsi come moneta internazionale (un sesto dei capitali cinesi è in Euro), riducendo il gap rispetto al dollaro. Quindi mi sembra giusto l’invito fatto dagli autori a credere nella ripresa economica e ad avere fiducia nei governi europei. Luigi Maria D’Auria