Emil Zàtopek “La Locomotiva umana” di Marco Franzelli
Zatopek, la locomotiva umana di Marco Franzelli, mi arricchisce nella conoscenza del mio mito, che io h0 ammirato, studiato, scimmiottato nei suoi allenamenti, o copiato personalizzandoli, per trasmetterli ai miei allievi; ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, gli ho stretto la mano e mi sono fatto fare l’autografo che custodisco come reliquia. Dal lato sportivo sono studioso della locomotiva umana che ha rivoluzionato l’allenamento delle gare di fondo con metodo che, senza volerlo, ha inventato lo sprint finale; ma la cosa che mi ha arricchito, da questo lavoro di Franzelli di cui ero deficitario, è il rapporto con il regime e la primavera di Praga per cui egli firmò il documento di duemila parole. Ho scoperto che Zatopek, oltre ad essere un campione è stato l’unico atleta ad aver vinto 5, 10 mila e maratona nella stessa olimpiadi, ma anche un uomo coraggioso che ha sfidato il regime, perdendo tutti i suoi privilegi di campione per conquistare la democrazia e la libertà culturale della Cecoslovacchia. Dopo il ritorno da Helsinki, ebbe un’accoglienza trionfale, congratulazioni ufficiali nello stadio dell’esercito, corteo di auto con lanci di fiori nelle strade di Praga e bagno di folla in Piazza San Venceslao. La sua vita, da campione europeo e olimpionico, si svolgeva come direttore delle attività sportive presso il Ministero della Difesa, con incarichi pedagogici, ma modesta: prendeva il tram per andare in ufficio. Come ogni bravo impiegato, finito il suo orario di lavoro, a piedi raggiungeva lo stadio, allenamento. doccia, ancora tram e rientrava nel suo modesto appartamento formato da due stanze, un bagno, cucina e cenava insieme alla sua amata Dana. Dicevo della Primavera di Praga di Emil, che esprimeva speranza, entusiasmo, voglia di libertà e di cambiamento. Il 27 gennaio 1978, nel centro storico di Praga aprì una rivendita di giornali con annessa sala di lettura, dove vendeva tanti quotidiani e riviste di tutto il mondo, senza censure con la stampa locale che preso a balzo a criticare, denunciare e attaccare il regime, che dopo l’Ungheria del 1956, non si era mai visto nulla di simile in un Paese satellite dell’Unione Sovietica. Firmò il Manifesto delle duemila parole, una sorta di proclama della Primavera di Praga, un nuovo modello di democrazia socialista, rivolto agli operai, ai contadini, agli impiegati, agli artisti, agli scienziati, e a tutti; lo firmarono in settanta, tra cui c’era anche la firma di Emil Zatopek. Il 20 agosto 1968, con il codice Operazione Danubio, 4.600 carri armati e 165mila uomini si mossero per difendere all’appello in difesa del socialismo fatto dagli stessi cecki. Il 16 gennaio 1969, un 21enne studente di filosofia, Jan Palach, divenne il martire della Primavera di Praga dandosi fuoco in Piazza San Venceslao. Emil Zatopek perse tutto, il suo posto al Ministero, gli strapparono i gradi di colonnello e lo radiarono dall’esercito. Fu espulso dal partito e rimase disoccupato. Scelse di affrontare l’esilio in Patria e la solitudine, sopportando l’umiliazione perché, prima o poi, l’alba della primavera tornerà a spuntare. Donato D’Auria