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Settimanale indipendente fondato e diretto da Donato D’Auria. Registrato presso il Tribunale di Torino il 7 ottobre 2011 n. 64

Allenamento

Ron Clarke 1956 – 1967 (Australia)

10 dicembre 2013

I più Grandi mezzofondisti degli ultimi cent’anni secondo RunningSportNews, nelle varie epoche

1) Hannes Kolehmainen 1912; 2) Paavo Nurmi 1920; 3) Gunder Hagg; 4) Emil Zatopek; 5) Sandor Iharos; 6) Vladimir Kuts; 7) Ron Clarke; 8) Lasse Viren; 9) Fernando Mamede; 10) Said Aouita; 11) Alberto Cova; 12) Halle Gebresellassie; 13) Paul Tergat; 14) Kenenisa Bekele; 15) Mohammed Farah.

6. Ron Clarke 1956 – 1967 (Australia)

Ron Clarke, mezzofondista australiano, rappresenta un punto fermo e d’obbligo nella cronaca del mezzofondo mondiale.

L’australiano è un caso veramente unico e, insieme a Fernando Mamede, ha sollevato persino l’interesse di studiosi della psiche umana, tanto complesso e particolare si è mostrato il suo carattere e tanto imprevedibili, a volte incomprensibili, si sono rivelate le sue imprese. Il sogno di Clarke è sempre stato, come per tutti gli atleti, quello di vincere un oro ai Giochi Olimpici. L’atleta australiano, pur inseguendo questa meta con una determinazione e una costanza ammirevoli e pur godendo dei grossissimi favori alla vigilia delle Olimpiadi, non è mai riuscito a raggiungerla. Fu considerato un’autentica “speranza” dell’atletica australiana: aveva, infatti, corso il miglio in 4’06”8, che era la migliore prestazione mondiale ad opera di un diciannovenne (1956).

Nel 1961 più nessuno nel mondo dell’atletica sembrava ricordare Ron Clarke. La sua carriera era stata fino a quel momento una serie di successi parziali e di delusioni talvolta cocenti, il tutto giustificato da una preparazione sommaria. E proprio nel 1961, valutando che molti atleti rimpiangevano di aver abbandonato lo sport troppo presto, ed avendo solo 24 anni, decise di punto in bianco di passare da un’attività sportiva di tipo quasi ricreativo ad un lavoro duro e metodico.

Per incompatibilità di carattere con il suo allenatore Percj Ceruttj, Clarke preferì unirsi al gruppetto di atleti indipendenti. Si sottopose a delle lunghe e dure sedute di allenamento, quasi sempre su percorsi vari e ondulati. Forse inconsapevolmente, Ron aveva deciso di dar vita al concetto mirabilmente espresso da Antoine Blodin: “L’atleta è un uomo che ha deciso di allargare i confini della sua prigione”. Anni di un tale lavoro, innestato su un telaio fisico già notevole, dovevano fare di Clarke la più resistente macchina da corsa di quei tempi. Egli si allenava tutto l’anno, ogni giorno, e variava il proprio allenamento soltanto in minima parte, senza seguire alcun piano. Clarke non riteneva che si dovesse svolgere una preparazione per stagione di gara, ma pensava che si dovesse, invece, avanzare con un progressivo aumento dello steady-state, e aumentava la durata del proprio lavoro, procedendo sempre per cicli, ma avanzando in linea ascendente di anno in anno.

Per Clarke, l’allenamento si sviluppava senza periodi. Lavorava raramente sulla pista e non usava i cronometri. Il suo allenamento si effettuava su prati e strada e specialmente su terreni collinosi. Si allenava tre volte al giorno, ma l’allenamento serale era il più importante; occasionalmente, ma non più di una o due volte alla settimana, chiudeva tale allenamento con 9-10 per 200 metri in 26-28”, con un recupero di 200 metri in souplesse, oppure 10 volte i 400 metri ad un ritmo vivace, con recupero di 400 metri di souplesse tra una prova e l’altra. Talvolta queste corse ad intervalli venivano effettuate anche prima della “lunga corsa aerobica” della sera. Egli effettuava tale corsa al limite del suo steady-state. Questo tipo di andatura potè sembrare ad alcuni osservatori una “lunga corsa anaerobica” in progressivo debito di ossigeno, pure escludendo occasionali corse sui 200 o 400 metri; la sua andatura, invece, era tale da svilupparsi in circa 10 miglia (16 km), percorse su un terreno pianeggiante con una media di 5’, o poco più, per miglio, cioè al suo steady-state. Due giorni prima di una gara importante il suo allenamento variava ed eseguiva 2 o 3 sprint e una veloce corsa sui 400 metri a metà dell’allenamento. Il giorno della gara non si allenava al mattino, ed il giorno prima si allenava una sola volta percorrendo 10-13 miglia (16-22 km). Due volte alla settimana inseriva nei suoi programmi di allenamento delle sedute di circuit-training, per allenare alla resistenza soprattutto la muscolatura delle braccia e del tronco. Clarke non aveva segreti sul suo allenamento. I suoi metodi sono la concreta dimostrazione, a tutti gli studiosi, che l’allenamento alla corsa è tanto più importante ed efficace quanto meno è complicato. Inoltre, era sua convinzione fondamentale quella di partecipare a gare su tutte le distanze. Indipendentemente dall’importanza della gara, Clarke cercava di correre sempre più velocemente su distanze prestabilite. La sua tattica era di combattere la stanchezza dei nervi con il ritmo e di vincere le difficoltà che si trovava di fronte. A tal proposito è importante ricordare l’incremento del ritmo in gara che egli effettuava proprio nei punti critici (4° km sui 5.000 metri ed il 7°/8° km sui 10.000 metri), dove riusciva spesso a battere gli avversari e a conseguire ottimi risultati.

Alla fine del 1967 aveva conquistato ben 13 primati mondiali dalle 2 miglia ai 10.000 metri. Il più serio rivale dell’australiano, specialmente negli ultimi anni, fu Kipchoge Keino, che nel 1965 gli tolse il primato mondiale sui 5.000 metri con 13’24”2. Il keniota, leggero e resistente come pochi altri, batteva Clarke nella maggior parte dei confronti diretti e sembrava trovarsi a suo agio in qualsiasi clima e a qualsiasi altitudine; ma Clarke, il 5 luglio 1966, si riprese il primato mondiale sui 5.000 metri in 13’16”6, battendo anche quello di passaggio selle tre miglia con 12’50”4. Questi i passaggi ai vari km: 2’39” – 5’17” – 7’57” – 10’40” – 13’16”6.

Si dovette attendere ben sei anni prima che Lasse Viren migliorasse il suo record. Donato D’Auria

I primati personali di Ron Clarke: 1.500  metri 3’44”1;  5.000 metri 13’16”6;  10.000  metri 27’39”4, Maratona 2h.20’26.

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