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Settimanale indipendente fondato e diretto da Donato D’Auria. Registrato presso il Tribunale di Torino il 7 ottobre 2011 n. 64

Allenamento

Gunder Hagg 1941 – 1946 (Finlandia)

24 agosto 2013

I più Grandi mezzofondisti degli ultimi cent’anni secondo RunningSportNews, nelle varie epoche

1)    Hannes Kolehmainen 1912; 2) Paavo Nurmi 1920; 3) Gunder Hagg; 4) Emil Zatopek; 5) Sandor Iharos; 6) Vladimir Kuts; 7) Ron Clarke; 8) Lasse Viren; 9) Fernando Mamede; 10) Said Aouita; 11) Alberto Cova; 12) Halle Gebresellassie; 13) Paul Tergat; 14) Kenenisa Bekele; 15) Mo Farah.

3.     Gunder Hagg 1941 – 1946 (Finlandia)

Tra il 1941 e il 1946 si affermò il mito della Svezia, di Gosta Ollander e delle sue “renne”. Ollander era un grande allenatore: un nordico classico dall’intelligenza fredda e coerente, ma ravvivato da un altissimo concetto della personalità umana.

 

Le “renne” erano i suoi uomini. Furono chiamati così per le loro pazzesche e furiose corse contro i primati.

Ollander ebbe il merito di riportare l’atleta verso la natura, in un’epoca in cui la pista e il conometro già minacciavano di offuscare l’aspetto umano della pratica sportiva. L’idea del “Fartlek” (in italiano: “gioco di velocità”) poteva nascere solo in un ambiente naturale come quello rappresentato dalle foreste, dai laghi e dai luoghi ondulati di Volodalen. Ollander sosteneva che l’atleta doveva abbandonarsi al suo naturale desiderio per la corsa, senza porsi limiti e costruzioni di alcun genere. Faceva, quindi, seguire il condizionamento generale dei finlandesi in una forma più allegra e più varia, facendo basare la corsa su un’andatura regolare, che di tanto in tanto era incrementata da tratti più o meno brevi ed a una maggiore velocità, successivamente reintegrati con percorsi di resistenza su terreno vario.

Questi cambi di ritmo eseguiti in apparente scioltezza e senza una rigida programmazione, dovevano essere eseguiti nella corsa già anaerobica, per ritornare, finita la sollecitazione, al ritmo precedente e tutto ciò con lo scopo di abituare i muscoli ad una certa concentrazione di acido lattico. La varietà, inoltre, del percorso, dava, su una base già acquisita di steady-state, un potenziamento muscolare e dell’apparato cardio-circolatorio. Sulla base di questo meraviglioso “fartlek” condotto in un ambiente estremamente naturale come Volodalen, Ollander amava istruire i suoi atleti con i seguenti consigli:

–         l’allenamento deve rappresentare un piacere per l’atleta.

–         smetti di allenarti un attimo prima di essere stanco, ma allenati sempre per abituarti a non essere mai stanco.

–         distenditi, rilassati, gioca, non pensare alla gara, stai lontano dalla pista, corri sul prato e nei boschi.

–         fonditi con la Natura.

–         vai in città solo il giorno della competizione, e quando ci sei, ricorda: corri alla morte dal primo all’ultimo metro, spendi fino all’ultimo spicciolo tutte le energie che hai tesorizzato.

Questa, in sintesi, era la vita delle “renne” a due gambe che crebbero atleticamente a Volodalen, primo tra tutti il mezzofondista Gunder Hagg.

Insieme al connazionale Andersson, era finalmente giunto a fornire una versione aggiornata del corridore di mezzofondo; una nuova dimensione del progresso atletico e una suggestiva ipotesi di lavoro tecnico.

Prima del suo avvento, le gare di mezzofondo e specialmente i 1.500, ai quali Hagg si era più dedicato, consistevano solitamente in una processione più o meno ordinata fino alla “campana”, quando cominciava la vera corsa. Nel suo diario Hagg confessa di essersi prefisso fin dal principio un metodo del tutto opposto: “il mio piano era sempre quello di bruciare gli avversari prima dell’ultimo giro”.

Egli cercava perciò di imporre alla corsa, fin dalla partenza, un “treno” il più possibile sostenuto. In questo Hagg fu certamente il primo dei “moderni” in quanto dimostrò che l’uomo aveva risorse sufficienti per affrontare, velocemente e coraggiosamente, anche le distanze medie e lunghe, senza sentirsi troppo legato a limiti tattici (scuola inglese) o cronometrica (scuola finlandese). A parte l’ambiente eccezionalmente favorevole dove crebbe, Hagg sarebbe stato un fenomeno comunque.

In ogni modo la dottrina e i metodi di Ollander resero possibile ciò che pochi anni prima sarebbe parso fantasioso. Tra l’inizio di luglio e il 20 settembre del 1942, Hagg si impossessò di tutti i primati mondiali, dai 1.500 metri ai 5.000 metri, gareggiando senza risparmio e con coerenza scientifica che sbigottì.

Non si era mai visto un mezzofondista avventurarsi su quelle distanze, che erano il classico feudo degli uomini di fondo. I pochi che avevano provato avevano pagato con le più indecorose “scoppiature” la loro presunzione. Oggi questi pareri farebbero ridere. Noi sappiamo (poiché il primo ad insegnarcelo fu Gosta Ollander per mezzo di Hagg) che i 5.000 e anche i 10.000 metri appartengono al mezzofondo, mentre un tempo erano monopolio del fondo. Così, quando Hagg prese parte a due gare di fondo sulle tre miglia l’11 settembre e sui 5.000 metri il 20 settembre a Godeborg, fece a pezzi i rocords mondiali, che all’epoca appartenevano al finlandese Maki, risalenti al 1939 rispettivamente con 13’42” e 14’08”.

La velocità di base della renna svedese era alta, molto più alta di quella del finnico, ma non era ugualmente scritto che egli dovesse riuscire. Ollander gli aveva preparato una tabella di marcia che prevedeva un passaggio ai 3.000 metri in 8’17”2 e Hagg la rispettò in pieno il giorno in cui, a titolo di assaggio, fece saltare il primato delle tre miglia con 13’35”4. Nella prova successiva, corse quasi con l’avvedutezza del veterano, declassando specialisti come Hellstrom, Larsson, Oestbrink.

In testa dai 1.400 metri in poi, Hagg fece registrare questi tempi di passaggio al km 2’40” – 5’27” – 8’18”5 – 11’09”, transitò con nuovo primato alle tre miglia con 13’32”4 e concluse i 5.000 metri in 13’58”2, abbassando di oltre 10” il limite di Maki: si dovettero attendere quasi dodici anni perché un altro essere umano potesse scendere sotto i 14’.

Egli dimostrò così che un “miler” di gran classe, purchè dotato della “condizione” necessaria, poteva avventurarsi senza timore sulle lunghe distanze ed ottenere tempi di gran rilievo. Da allora l’esempio di Hagg ha avuto molti seguaci. Il maggior problema che assilla il mezzofondista moderno, desideroso di passare alle lunghe distanze, è ormai di natura psicologica: in altre parole egli deve crearsi una disposizione mentale adeguata alla distanza che vuole percorrere.

Sotto questo punto di vista, Hagg non era nelle condizioni ideali per consolidare la posizione acquisita quasi di primo acchito. Infatti, non riuscì mai a vincere quel senso di noia che lo assaliva al pensiero di dover compiere tanti giri di pista, ad un passo che non era quello del mezzofondista veloce. Gareggiò ancora qualche volta sui 5.000 metri battendo forti avversari del suo tempo, ma senza nutrire ulteriori ambizioni di primato. Ancora oggi molti si chiedono quali risultati Hagg avrebbe potuto ottenere se, nell’ultima prova seria sulla distanza e in condizioni non certo ideali (la pista risentiva di una pioggia recente), scese sotto i 14’ e cioè alla fine del 1945. In seguito, la federazione Svedese squalificò per leso dilettantismo una ventina dei suoi maggiori campioni, senza risparmiare né Hagg né Andersson. Tra i non squalificati si creò un movimento di protesta per solidarietà e si parlò persino di disertare in massa i Campionati Europei di Oslo. Alla fine non se ne fece nulla; Hagg e Andersson si ritirarono per sempre dall’attività agonistica e a Oslo altri due svedesi, Strand e Eriksson, si imposero rispettivamente con 3’48” e 3’48”8. Carmine Ricci

I primati di Gunder Hagg: 1.500 metri 3’43”0; 5.000 metri 13’58”8.

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