ll più grande tennista italiano di tutti i tempi, Adriano Panatta, si racconta nella sua autobiografia
Quando la redazione mi ha proposto di scrivere la recensione della splendida biografia del grande campione romano ero entusiasta. Ebbene, miei cari lettori, dopo aver letto il libro non rimpiango di aver accettato l’incarico. Infatti, il campione racconta la sua vita tennistica senza giri di parole e con la schiettezza che lo ha sempre contraddistinto. Figlio del custode del famoso tennis club romano Parioli, Panatta mise in mostra fin da subito il suo talento, arrivando a sfidare ad undici anni il campionissimo Nicola Pietrangeli.
Il 1970 per Panatta fu l’anno della svolta: divenne professionista e in breve tempo riuscì ad entrare nei primi cento del mondo sia in singolo che in doppio. Inoltre, Panatta vinse per la prima volta i Campionati Assoluti a Bologna, in una combattutissima finale contro l’ormai trentasettenne Nicola Pietrangeli in un autentico passaggio di consegne.
La cosa che stupisce di più di questo libro è la confessione del campione romano che dice chiaramente di amare veramente solo pochi tornei, ossia Wimbledon, gli Internazionali d’Italia e il Roland Garros, oltre alla Coppa Davis, vero amore del grande campione romano. Tutti i tornei minori erano per Panatta, ma anche per tutti gli altri campioni del tempo, solo dei viaggi pagati dall’organizzazione in cui divertirsi e pensare solo a non sfigurare troppo. Tra i tornei che Panatta ricorda con maggiore piacere sono Il Cairo e alcuni tornei americani in cui si giocava sul tardi in campi che diventavano simili a delle grandi discoteche a cielo aperto.
Un capitolo a parte merita la Coppa Davis. Forse è proprio questa la competizione più amata dal “Cristo del Parioli” (questo il soprannome di Panatta). Infatti, egli adorava la Coppa Davis e l’atmosfera che essa creava e che tutt’oggi crea. Davvero belli i capitoli che riguardano le splendide partite al Foro Italico e le trasferte in giro per il mondo, da San Francisco a Santiago del Chile, dove l’Italia vinse l’unica Coppa Davis della sua storia.
Un altro capitolo che ritengo interessante è quello riguardante la vita di Panatta dopo il tennis ed in particolare il periodo che passò come capitano non giocatore di Coppa Davis. Di questo periodo Panatta ricorda le sofferenze, gli spareggi retrocessione e le numerose partite importanti giocati dalla nazionale da vari Canè, Nargiso, Camporese e altri.
Il libro di Panatta parla anche della vita del grande campione fuori dal campo, a partire dall’incontro con la futura moglie Rossana in occasione del torneo vinto a Montecatini Terme, fino alla nascita dei figli ed al fallimento della General Sport, azienda di articoli sportivi e abbigliamento sportivo rilevata poco tempo primo da Panatta stesso nel 1977.
Uno dei capitoli più divertenti del libro riguarda il legame con i tifosi che per anni hanno seguito l’Italia in qualsiasi luogo durante gli anni Settanta e Ottanta. Tra essi da ricordare un tifoso di nome Serafino che arrivò ad occupare la hall di un albergo di San Francisco per ottenere una camera vicino al grande campione e ai suoi compagni storici Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli.
Invitandoli a leggere questo libro e a seguire il tennis, congedo i miei venticinque lettori. Luigi Maria D’Auria