Ci vuole il Piano di utilizzo della terra proveniente dai lavori di scavi
A seguito della recente conversione in legge del “Decreto del fare”. Si può; finalmente, disporre di un quadro complessivo dalle disposizioni vigenti sui materiali da scavo. Per la gestione delle terre e rocce da scavo, pian piano si sta facendo chiarezza sul concetto di terra rifiuto e terra trattata come sotto prodotto della lavorazione e non come un rifiuto da depurare.
Va preliminarmente ribadito che tali materiali devono, comunque, essere considerati rifiuti e, nella fattispecie, rifiuti speciali di cui all’art. 184, comma 2, lett. B del Decreto Legislativo 152 del 2006. Ogni volta che qualcuno “se ne disfi, o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsene” (es. carico di terra da scavo versata, al solo scopo di disfarsene, in qualsiasi sito pubblico o privato). Va, altresì, ribadito che il loro impiego, conformemente alla intricata disciplina sotto esposta, non deve in ogni caso arrecare danno all’ambiente: a tal fine risulta evidente che tale certezza può solo derivare dall’effettuazione del test di cessione (analisi del caso).
Il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale scavato nel corso di attività di costruzione, che non è da considerare rifiuto ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato scavato, la certezza del riutilizzo si ha soltanto in presenza di un’autorizzazione edilizia che preveda volumi e modalità di scavo e di riporto; inoltre, ove si sospettasse la possibilità di contaminazione, occorrerebbe far effettuare dall’ARPA le analisi del caso. I riferimenti al suolo devono considerarsi estesi per realizzare riempimenti, di rilevati e di reinterri. Per non essere considerati rifiuti, occorre che siano sottoposte a test di cessione o analizzate da rifiuti diventano sottoprodotto e della qualifica di rifiuto a seguito di attività di recupero: le vecchie materie prime secondarie. In ogni caso di destinazione ad un successivo ciclo di produzione, l’utilizzo non deve, mai essere trattato in nessun modo per non determinare rischi per la salute o per l’ambiente. Il Decreto Legislativo 152 del 2006 utilizza il termine di “terre e rocce da scavo”, il Decreto Ministeriale 161/2012, “decreto del fare”, fa riferimento a “materiale da scavo” di suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un’opera quali: scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee), rimozione e livellamenti di opere in terra, perforazione, trivellazioni, palificazione, consolidamento; opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada); escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante. Tutte queste attività difformi dalla normativa, prevedono, oltre a sanzioni penali, sanzioni amministrative di 3.100 euro. Donato D’Auria