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Settimanale indipendente fondato e diretto da Donato D’Auria. Registrato presso il Tribunale di Torino il 7 ottobre 2011 n. 64

Allenamento

Paavo Nurmi 1920 - 1924 (Finlandia)

27 luglio 2013

I più Grandi mezzofondisti degli ultimi cent’anni secondo RunningSportNews, nelle varie epoche

1) Hannes Kolehmainen 1912; 2) Paavo Nurmi 1920; 3) Gunder Hagg; 4) Emil Zatopek; 5) Sandor Iharos; 6) Vladimir Kuts; 7) Ron Clarke; 8) Lasse Viren; 9) Fernando Mamede; 10) Said Aouita; 11) Alberto Cova; 12) Halle Gebresellassie; 13) Paul Tergat; 14) Kenenisa Bekele; 15) Mo Farah.

2.     Paavo Nurmi 1920 – 1924 (Finlandia)

Erede di Hennes Kolehmainen, campione olimpico sui 5.000 e 10.000 metri nel 1912, fu il primo ad avere capito meglio di ogni altro, fino ad allora, quale importanza avesse il “passo uniforme”.

Non più una corsa assai prolungata nel tempo, ad un’andatura lenta, senza stimoli, ma una corsa che si prefiggeva di simulare gli stessi sforzi che poi si sarebbero dovuti sopportare in gara. Si sottoponeva, pertanto, sia in allenamento che in gara, alla guida del cronometro, che ne stabiliva rigorosamente il ritmo. Il suo allenamento era improntato per le distanze lunghe, sulle orme del grande Kolehmainen: in Finlandia esisteva una scuola tradizionale per il fondo puro, non esistevano invece allenatori che tentassero di esplorare il mezzofondo. Così Nurmi, a 23 anni, alle Olimpiadi di Aversa del 1920, perse i 5.000 nel finale, ad opera del francese Guillemot. Si riprese la rivincita sui 10.000 metri, ma non fu per niente soddisfatto.

Il suo sogno era di poter correre qualsiasi distanza, ad un passo tale, che nessun avversario potesse reggergli: non curava pertanto di aumentare la velocità per poter “cambiare” nel momento tattico decisivo, qualità che ammise di aver curato soltanto negli ultimi anni della sua carriera.

Il suo training era composto da due sedute di allenamento al giorno, senza però (stando a quanto egli stesso affermava) forzare in modo eccessivo.

Egli illustrò e criticò in un libro autobiografico, alla luce delle successive esperienze, i suoi metodi di preparazione. In linea generale, egli ammise che il suo lavoro, anche se del tutto adeguato per i bisogni del suo tempo, presentava il difetto di basarsi per lo più su corse lunghe ad andatura non sostenuta, procedute al mattino da marce altrettanto lunghe. Quindi, anche se egli dimostrò per primo, al mondo intero, come si poteva con un appropriato sistema di preparazione, pretendere dalla macchina umana un rendimento che fino ad allora sembrava, se non impossibile, almeno irraggiungibile, raffrontato a quelli moderni, il suo lavoro appare oggi insufficiente non tanto per la quantità quanto per la qualità.

Stilisticamente, Nurmi non era molto corretto, ma sicuramente abbastanza redditizio. Egli, infatti, correva appoggiando per intero il piede a terra con notevole pressione anche del calcagno, col tronco saldamente eretto sul bacino, col petto ben proteso in fuori e con le braccia ad assecondargli agilmente l’azione degli arti inferiori.

Il 1924 fu un anno storico nella vita di Nurmi e anche nell’atletica mondiale. In aprile, durante un allenamento, cadendo si ferì un ginocchio urtando contro un sasso. Sembrava una stagione perduta; trascorse, infatti, due settimane senza poter camminare. Rientrava ai campionati finlandesi, ma con un modesto 2.12” sugli 800 metri. Era l’anno delle Olimpiadi di Parigi: Nurmi non voleva perdere l’occasione. L’ansia di recuperare il tempo perduto lo costringe a cambiare metodo di allenamento; intensificò le fasi impegnate e si inventò una specie di Intervall-training, sul tipo di quello che più di 20 anni dopo sarà adottato da Zatopek: lunghe corse ad andatura abbastanza lenta, ma interrotte da sprint che avrebbero ridotto una renna sulle ginocchia. Se avesse avuto una cultura sportiva, avrebbe potuto teorizzare questo tipo di allenamento: invece lo ritenne soltanto un ripiego.

I risultati si videro subito: pochi giorni prima della trasferta di Parigi, corse un 1.500 metri come prova generale e stabilì il record mondiale con 3.52”6; ma lui non fu del tutto soddisfatto per aver dimenticato di controllare i primi 400 metri percorsi in un veloce 57”3. Fu quindi in quell’anno, che sbalordì il mondo vincendo prima i 1.500 metri con 3.53”6 e 40 minuti più tardi, i 5.000 in 14.31”2.

L’allenamento fatto all’inizio della stagione gli consentì di battere, dopo le Olimpiadi, i records mondiali delle 4, 5 e 6 miglia e dei 10.000 metri. In virtù di questi exploit, divenne la meraviglia del secolo; organizzatori di indoor e meeting se lo contesero ed egli, sino a tutto il 1926, prese parte a numerose gare in tutto il mondo, soprattutto in America, vincendo naturalmente quasi tutti gli incontri. Sino a quando nel settembre 1926 andò incontro alla sua peggior sconfitta: addirittura 3° nei 1.500, cosa che non gli era mai capitata; ma era tornato ai vecchi metodi di allenamento e i 1.500 metri non erano più la sua distanza. Fece ancora cose egregie ai Giochi di Amsterdam del 1928: oro sui 10.000 metri, argento sui 3.000 siepi e di nuovo secondo sui 5.000 metri (questa volta però fu battuto dal connazionale e rivale Ritola). In occasione dei Giochi di Los Angeles del 1932, venne denunciato dagli svedesi, tedeschi e americani per evidente professionismo e squalificato a vita dai vecchi conservatori dell’IAAF. Continuò a correre soltanto in Finlandia: nel 1935, a quasi 38 anni, gli riuscì ancora di vincere il titolo dei 1.500 metri.

 Sarebbe diventato un maratoneta leggendario, se non glielo avessero impedito, privandolo nelle “falcate della maturità”.

Lo si rivede alle Olimpiadi di Helsinki del 1952: i finlandesi gli fecero portare la fiaccola con il fuoco olimpico fin sullo stadio, alle cui porte avevano innalzato un monumento a lui, Paavo Johannes Nurmi. Donato D’Auria

I primati mondiali di Paavo Nurmi: 1.500 metri: 3’52”6 nel 1924; 3.000 metri in 8’20”4 nel 1926; 5.000 metri in 14’28”2 nel 1924; 10.000 metri in 30’06”2 nel 1924.

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