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Settimanale indipendente fondato e diretto da Donato D’Auria. Registrato presso il Tribunale di Torino il 7 ottobre 2011 n. 64

Libri sportivi

Luciano Gigliotti delizia i podisti con la sua autobiografia “Mi chiamavano Professor Fatica”

30 dicembre 2014

Luciano Gigliotti delizia i podisti con la sua autobiografia “Mi chiamavano Professor Fatica”
Torino – Durante un convegno, cui ho assistito nei giorni immediatamente precedenti alla Maratona di Torino di quest’anno, nella sala stampa ricavata per l’occasione in Piazza Castello 165, ho avuto la fortuna di incontrare un vero e proprio guru tra gli allenatori italiani, capace di portare due atleti alla medaglia d’oro olimpica nella Maratona (Gelindo Bordin e Stefano Baldini): i puristi avranno sicuramente capito di chi si tratta, ma per dovere di cronaca devo rivelarne l’identità: Luciano Gigliotti, conosciuto come “Professor Fatica”.

Gigliotti ha scritto il suo libro arrivato ad ottant’anni, soglia che lo pone definitivamente tra i “grandi guru” della nostra atletica, al pari dei grandi campioni della nostra scuola di mezzofondo, che non sarebbe sicuramente stata la stessa senza il contributo del “Professor Fatica” e di altri grandissimi specialisti che hanno migliorato il livello tecnico del mezzofondo nostrano, ma in generale di tutto il movimento europeo (bisogna però ammettere che negli ultimi anni, nonostante un incremento delle conoscenze tecniche, i risultati non sono arrivati numerosi). Tra questi non si può non citare Enrico Arcelli, grande medico sportivo che ha spesso lavorato a stretto contatto con Gigliotti, stilando con lui avvenieristiche tabelle alimentari per atleti di alto livello, e autore della prefazione del libro.
In “Mi chiamavano Professor Fatica” parla dei suoi metodi di allenamento e della tabelle che hanno aiutato i suoi “grandi”, sicuramente Bordin e Baldini, ma soprattutto dedica intere pagine ad una spiegazione che secondo me è essenziale: il libro non è stato scritto per allenare a distanza podisti di medio livello che vogliono diventare a quarant’anni dei fenomeni, bensì per far capire ai lettori come si allenano gli atleti che puntano così in alto (Gigliotti ha sempre allenato atleti che avevano un obiettivo a lungo termine e non podisti che improvvisano puntando obbiettivi su obbiettivi a breve termine, senza raggiungerne nessuno). Inoltre, il “Prof” inserisce tabelle e programmi di allenamento anche per raccontarsi, dato che la professione di allenatore ha occupato una gran parte della sua vita e gli ha regalato una quantità infinita di grandi gioie, ma anche di cocenti delusioni. In questo libro non si trova tuttavia solo allenamento, perché Gigliotti parla anche della sua vita extrapodistica, a cominciare dalla dolorosa fuga da Aurisina, suo paese natale nel Triestino, a causa dell’arresto di suo padre , Capitano della Milizia Fascista. Gigliotti parla anche del suo approccio allo sport, grazie ad un professore che lo aveva preso in simpatia, e del suo amore per il rugby, sport che ha praticato ad ottimi livelli. In questa bella autobiografia c’è spazio anche per un Gigliotti politico piuttosto di destra, in netta contrapposizione con il suo amico e organizzatore della Maratona di Torino, nostalgico comunista. Luigi M. D’Auria

 

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