Torino – Lo scorso 7 ottobre, la nostra testata ha compiuto dieci anni. Si tratta di un traguardo importante, ma, in questo articolo, cercheremo di uscire dalla retorica dei festeggiamenti, cercando di approfondire alcune questioni di più ampio respiro, proprio a partire dai nostri (morigerati) festeggiamenti.
In un 2020 che ci ha riservato un evento di portata storica (sia pure in negativo) lo sport é stato quasi sempre stato trattato in maniera sbrigativa, come un hobby da tagliare per evitare maggiori problemi di natura sanitaria alla collettività. Da un certo punto di vista siamo d’accordo (coloro che spingevano per una riapertura totale o parziale degli stadi, ad esempio, sono stati smentiti da un quadro ancora molto complesso), ma questo 2020 non ci ha tolto la voglia di continuare a parlare di sport e ad innamorarci grazie alle sue piccole e grandi storie.
Il prossimo autunno si priverà di alcuni degli eventi che abbiamo seguito di più nel corso degli scorsi anni, tra cui la Maratona di Torino (bloccata per il secondo anno consecutivo dopo l’allarme alluvione del 2019). Alla gioia di correre si é sostituita, parafrasando l’inglese Alan Sillitoe, “la Solitudine del Maratoneta”, costretto a correre in solitudine e in contesti non agonistici nel senso classico del termine. La decisione ci lascia scontenti, ma la comprendiamo e, anzi, invitiamo gli organizzatori di eventi non professionistici a non “illudere” gli atleti con promesse di eventi che, purtroppo, non potranno svolgersi fino alla prossima primavera (e siamo ottimisti).
Proprio per questo quadro molto difficile, non ci sentiamo di proporre grandi festeggiamenti. Con quindici club di serie A che faticheranno a pagare gli stipendi (vi lasciamo immaginare quale sia la situazione nelle altre discipline), non possiamo certo lanciare appelli carichi di positività e di buoni propositi per i prossimi mesi. Possiamo solo dirvi di tenere botta, di rispettare le disposizioni e di cominciare a ripensare, anche nel proprio piccolo, cosa valga la pena di sacrificare per praticare o “seguire” da semplice appassionato uno sport. Quella del virus, per quanto dolorosissima, sarà comunque una parentesi destinata a finire. Dopo, torneranno moltissime attività in presenza (l’uomo é per definizione un essere sociale e non puó rinunciare del tutto a questa sfera), anche se molte pratiche andranno ripensate, per evitare gli errori che il settore sportivo italiano ha commesso in questi anni. Luigi M. D’Auria