“Nonostante un’appassionata campagna elettorale il fronte pro Regno Unito è riuscito a spuntarla: la Scozia non sarà uno Stato indipendente”
Edimburgo – Sembra che il tempo si sia fermato, a Edimburgo. Come da tradizione british, la gioia e il dolore devono essere molto contenuti. In ogni pub c’è spazio per nient’altro che non sia una bevuta: scorgo, infatti, uomini in kilt tracannare pinte di birra per dimenticare la sconfitta dello Scottish National Party e gentleman festeggiare la vittoria del fronte del no, che ha unito tutti i Partiti britannici tradizionali, dai Democratici ai Laburisti.
Dopo una passeggiata per la Capitale scozzese, incontro il mio amico Greame, conosciuto quando ancora non praticavo il mestiere del giornalista. Ovviamente, mi invita a raggiungere un pub, dove aspetteremo l’apertura del ristorante dell’immigrato italiano Gennaro, generoso sostenitore del sì, al contrario del filo-britannico Greame, che ha votato “no”.
Raggiunto il pub iniziamo a parlare delle ragioni che hanno determinato un esito del voto scontato fino a due mesi fa (nel 1985 il referendum fu quasi un plebiscito contro l’indipendenza), quando il “no” era dato al 69%, ma non all’apertura delle urne, quando il fronte indipendentista era dato addirittura in vantaggio, seppur per pochi voti. Dopo una lunga chiacchierata io e Greem giungiamo alla conclusione che la differenza, l’hanno fatta, come in tutte le elezioni e referendum, gli indecisi, convinti, forse, dalle posizioni dell’Unione Europea. I miei tredici lettori si chiederanno, a questo punto, cosa c’entri l’Unione Europea nelle decisioni di politica interna di uno Stato, il Regno Unito, che molto spesso ha quasi dimenticato di essere parte dell’Unione Europea. L’Unione è stata, invece, molto importante più di quanto non si possa immaginare, in questo caso. Il Premier scozzese dell’SNP, Alex Salmond, aveva, infatti, annunciato che, in caso di vittoria del sì, la Scozia sarebbe comunque rimasta nell’Unione Europea e avrebbe potuto anche adottare l’Euro, nel caso non avesse più potuto coniare la sterlina di Londra. L’Unione, come al solito poco lungimirante nel valutare situazioni di assoluta importanza ha, invece, frenato gli entusiasmi scozzesi, dicendo che la Scozia non avrebbe potuto entrare nell’Unione prima del 2018 e, forse, anche del 2022. Scelta, dicevamo, poco lungimirante, perché la Scozia avrebbe potuto fornirci grandi quantità di petrolio e incrementare di circa 1 punto percentuale il PIL dell’Unione. Come direbbe un mio caro amico, non stiamo parlando di pizza e fichi. L’Unione ha così convinto una parte dell’elettorato, poi rivelatasi decisiva per le sorti di questo referendum, a votare contro l’indipendenza.
In ogni caso, questo referendum è stato uno splendido esempio di democrazia diretta, dato che non ci sono stati scontri e incidenti e che i componenti rispetteranno i patti presi. Salmond si dimetterà, infatti, dalla Presidenza del suo partito e il Premier Cameron concederà maggiori libertà alla Scozia. Il referendum ha, quindi, dimostrato che la buona politica non è, per fortuna, scomparsa dall’Europa. Luigi M. D’Auria