Atletica
L'Italia sprofonda ai mondiali di Pechino
02 settembre 2015
L’Italia sprofonda ai Mondiali di Pechino
Pechino – Mentre gli atleti rimasti raggiungono l’aeroporto, i cuochi cinesi di Casa Italia preparano i pasti per l’ultima cena della spedizione azzurra a Pechino. Ultima cena che non si farà, perché avrebbe dovuto essere una festa, e oggettivamente c’é ben poco da festeggiare. Ne approfitta, così, uno sparuto gruppo di giornalisti e ospiti dell’albergo, che possono godere di una cena luculliana senza chiedere il permesso a nessuno. Di fronte ad un piatto di pasta decisamente mal cucinato, io e il mio “delfini” Gigione Magnani parliamo di questi Mondiali, splendidi perché ricchi di sorprese. A cominciare dalla maratona maschile, vinta dal diciannovenne etiope Gebreselassie (omonimo del grande Haile che secondo i regolamenti internazionali può correre solo in Mondiali ed Olimpiadi ma non nelle grandi maratone internazionali come New York) che non ha visto nessun keniano ma ben due italiani nei primi dieci, il solidissimo Pertile ed un deludente Meucci. La mente vola, poi, alla velocità femminile, dove l’olandese Schippers (che ha abbandonato l’Eptathlon, dove era eterna seconda dietro l’inglese Ennis, per vincere 100) ha spaventato le giamaicane dei 100 per poi batterle nei 200. Non si può, poi, non pensare alle ennesime prodezze di Usain Bolt, che senza i soliti fronzoli ha stravinto le “sue” gare e poi dominato la 4×100. Altro eroe di questi Mondiali é il Sudafricano Van Niekerk, che sotto la guida di una preparatissima e alquanto arzilla nonna ha vinto con un tempo stratosferico i 400 metri, facendo piangere tutta l’isola di Grenada, scesa in piazza per sostenere il suo beniamino Kirani James. Come avete capito, le gare splendida sono state moltissime, ma purtroppo i nostri sono stati inesistenti, confermando la tendenza degli ultimi anni, che vedeva l’Italia ai margini dell’atletica mondiale. Quest’anno, però, abbiamo toccato il fondo. Se nazioni come il Kenia crescono anche in specialità inusuali come i 400hs e la Bosnia Erzegovina vince un bronzo negli 800, noi andiamo male anche nella marcia, storica miniera di medaglie e anche di vittorie. Il nostro sistema fa acqua da tutte le parti e i nostri tecnici lo sanno, ma continuano a non fare niente perché sono stipendiati da una Federazione che consente ad astisti stranieri di allenarsi a Formia ma non a Gianmarco Tamberi di avere un tecnico FIDAL in pedana nell’alto. Se le altre nazioni si evolvono copiando i college come Formia e Tirrenia, noi andiamo in senso opposto favorendo l’isolamento degli atleti e lasciando il DT Magnani solo senza responsabili di settore. La medicina giusta non sono, come detto dal Presidente Giomi, tecnici stranieri in arrivo in Italia, ma tecnici italiani di ritorno dall’estero, dove li abbiamo mandati perché le nostre poltrone erano occupate dai soliti noti. Bisogna ripartire dai giovani tecnici nostrani e dai giovani, altrimenti non potremo far altro che chiedere la wild card per piccola nazione per i nostri (pochi) atleti di livello. Ora che abbiamo toccato il fondo, dobbiamo ripartire. Luigi M. D’Auria