Non si possono bruciare i residui vegetali in nessun modo
L’ultima disamina interpretativa ed il parere formulato dal Dipartimento Istituzionale e Territorio hanno sancito che paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, se non utilizzato in agricoltura o per la produzione di energie mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente nè mettono in pericolo la salute umana, devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati: pertanto, la combustione sul campo dei residui vegetali configura reato di illecito smaltimento dei rifiuti. Il Testo Unico Ambientale del 2006, soprattutto dopo le modifiche apportate con l’ultimo decreto legislativo del 2010 e, che, anzi, sancisce che trattasi di un vero e proprio reato contravvenzionale di smaltimento illecito di rifiuti non pericolosi, non potendosi considerare, tra l’altro, neanche una buona pratica agricola, così come definita dalle norme dell’Unione Europea. A seguito di tali azioni, soprattutto se tali falò vengono alimentati anche con altri materiali, quali plastica, polistirolo o altri rifiuti aziendali, il Corpo Forestale dello Stato, interviene quotidianamente, denunciando all’autorità giudiziaria nei casi previsti, e sanziona gli eventuali trasgressori, mette in guardia con prevenzione e informazione sul territorio sulla pericolosità di tale vecchia consuetudine agricola, che può mettere a rischio anche l’esistenza delle aree boscate ancora presenti nelle nostre campagne, potendo diventare a volte facile innesco per gli incendi boschivi. E’ un reato contravvenzionale il trattamento dei residui vegetali derivanti dalle attività agro-silvo-pastorali e, in modo particolare, l’abbruciamento dei resti delle potature, soprattutto degli olivi. Questa attività non è prevista dal Testo Unico Ambientale e, che, anzi, tra l’altro, non è neanche una buona pratica agricola. La soluzione del problema è soprattutto di natura cultuale ed i testoni che non si informano devono sapere che tutto questo materiale che si disfa tramite abbruciamento, serve a trasformare i residui delle colture in opportunità di lavoro e di reddito per le aziende agricole e di benessere per la comunità, utilizzando a fini energetici le biomasse ottenute da fonti rinnovabili. La Cassazione si è espressa, sottolineando che non trova riscontro nelle tecniche di coltivazione attuali l’utilizzazione delle ceneri come concimante naturale e considera irrilevanti le Deliberazioni di Enti (Comuni e Province) che avessero consentito l’abbruciamento, anche solo degli scarti agricoli di modesta quantità. Si esprimono dubbi sulla concreta applicabilità delle disposizioni regionali che consentono l’abbruciamento, pur in ipotesi circoscritte, di scarti di attività agricole o di selvicoltura. L’Unione Europea, tra le Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali della PAC, all’interno dell’abiettivo inerente il mantenimento dei livelli di sostanza organica nel suolo mediante opportune pratiche, con la norma 2.1 regola la gestione delle stoppie e dei residui colturali. Essa vieta espressamente la bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminativi. Invece, il documento redatto dal Gruppo di lavoro nazionale per l’individuazione delle misure per la riduzione dell’inquinamento atmosferico di sfalci, potature e scarti vegetali in genere, dice che, le combustioni incontrollate ed all’aperto di sfalci, potature e scarti vegetali in genere, comportano emissioni rilevanti di numerose microinquinanti. Per tutto questo, nella condotta posta in essere (Abbruciamento) alla fattispecie dell’abbandono rifiuti nel caso di utenza domestica è particolarmente evidente l’elemento soggettivo volontaristico, consistente nell’eliminazione del residuo attraverso la combustione, per cui è un’operazione illecita di smaltimento, quindi sanzionabile. Donato D’Auria